Vetri Art Nouveau e Art Déco: come orientarsi tra vero e falso

Daum. Coppa quadrilobata, paesaggio innevato. 1900, H. 7,4 cm, diam. cm 12,6.

La passione del più fragile dei materiali, il vetro, va sempre più diffondendosi, e sono i vetri dei periodi Art Nouveau e Art Déco ad essere i più ambiti da collezionisti e amatori.

Vi è chi compra per il semplice piacere di possedere vetri d' arte, chi colleziona pezzi dei due periodi, chi costituisce una collezione di firme di un solo paese o di una scuola, o anche chi si orienta esclusivamente su una firma, un unico soggetto o tema - i fiori, le statuine, gli spruzzatori, le lampade - una tecnica - i vetri soffiati, pressati, smaltati o le paste di vetro -.

 

Nei vari tipi di collezione, un modo originale ( e ancora non troppo dispendioso) sta nel raccogliere vetri "miniature", prodotti da molte firme, in numero più basso rispetto ai modelli più grandi. Anche in questo settore, Gallé e Daum sono i maestri più ricercati.

Ma quali consigli dare a chi si accosta al collezionismo dei vetri Art Nouveau e Art Déco, perché la scelta cada su pezzi autentici, intatti, il cui valore sia rapportato al prezzo richiesto?

L'interesse principale del collezionista, che spesso agisce sotto l'impulso emotivo, specie in concomitanza con la scoperta di un pezzo raro, è di operare una scelta oculata.

 

Dovrà in primo luogo appurare se si tratta di un'opera d'arte (magari in un unico esemplare), di un lavoro artigianale (in pochi esemplari), o di un vetro industriale (in molti esemplari). La massima attenzione va rivolta ad evitare l'incauto acquisto dei falsi.

Per smascherare un vetro falso, scoprire una filatura, oppure una rottura (che in questo caso svalorizza anche dell'80% l' oggetto ) o semplicemente evidenziare una minima scheggiatura che ne diminuisce il pregio, è necessario un attento esame del pezzo. Non va dimenticato che il modo migliore è effettuare un accurato controllo ponendo il pezzo tenuto fra le mani sotto una forte fonte di luce. Nei casi in cui il luogo non lo permetta (fiere, mercati all'aperto, locali con scarsa luce), il ricercatore avrà sempre con se una piccola torcia elettrica, con cui illuminerà prima esternamente tutto il vaso, e quindi se l'apertura lo permette, ne indagherà anche l'interno.

 

Attenzione agli inganni: talvolta si riscontra che in certi vasi o in certe lampade (per aumentarne il valore di mercato) la firma originale è stata abrasa e in suo luogo e stata posta, per incisione in creux – raramente in rilievo a cammeo, o a smalto - una firma di maggior prestigio, che l' esperto riconosce facilmente. Alcuni esempi: dei Sabino o degli Etling, nel corso di questi ultimi anni, sono diventati dei R. Lalique, cosi come qualche vetro pressato, satinato o opalescente boemo, mai firmato, ha avuto lo stesso battesimo.

Un caso da segnalare è il vaso a calice con base dodecagonale à pain-coupe, con tre figure in altorilievo (nudini femminili) con uva, anche chiamato La vendemmia. Questo modello (h 22 cm.), oggi si trova in commercio sia in vetro trasparente e smerigliato, sia in colore verde o blu turchese, spesso privo di firma, oppure con il marchio Rindskopf & Sohne, o con la firma - abusiva - R. Lalique, incisa non al momento della fabbricazione, ma in un secondo tempo da qualche falsario.

Gallé. Lampada a champignon in vetro doppio, decoro di felci. Firma sulle due parti in rilievo a cammeo Gallé, 1910, H. cm 34.

Confusione di mercato anche per il famoso vaso R. Lalique Sautarelles – modello creato nel 1913, n. 888 di catalogo, in vetro bianco soffiato in stampo e a volte patinato, h 28 cm, non più in lavorazione dal 1930, i cui stampi sono stati venduti in Argentina, dove attualmente è in produzione (pare solo colorato, come si afferma in Opalescence. Le verre moule des années 1920- 1930. Ed. Philippe Dacelle, Bruxelles- crea un dilemma ai collezionisti, poiché in commercio lo si trova sia in vetro colorato e firmato (quando non potrebbe esserlo), sia in vetro opalescente (sempre firmato), ma che mette all'erta l'amatore per la finizione non perfetta.

Per le opere R. Lalique, va comunque raccomandato di consultare l'esauriente Catalogue raisonne de l' oeuvre de verre, di Felix Marcilhac, Les Editions de l'Amateur, Parigi 1989.

Sempre riguardo alle firme sostituite con questa operazione, si è riscontrato fino a poco tempo fa che certi vetri Muller, D'Argental, Michel, Jean, Val-Saint-Lambert, Delatte o Legras (attualmente hanno una pregevole richiesta di mercato) a volte hanno cambiato paternità, poiché, privati della loro firma originale, diventavano dei Gallé o dei Daum, capiscuola dalle quotazioni ben più elevate. Anche se va detto, per esempio, che esistono dei Muller belli e tecnicamente importanti, quindi dai valori di mercato di gran lunga più alti di certi Gallé industriali; il riferimento vale anche per Michel o Legras o altri, sempre comparati a Daum o Gallé. Questo significa che non bisogna fissare l’occhio solamente sulle firme più note e divulgate, ma dovrebbe valere il criterio di considerare le opere dei maestri e delle manifatture meno conosciuti, dal prezzo più accessibile e che, se si sa scegliere il meglio, potranno rivelarsi un buon investimento, come è dimostrato dai pezzi delle firme scelte ieri.

 

Altre volte un eccellente Dumoulin è stato fatto diventare un Marinot. Una trasformazione hanno subito anche alcuni vetri Loetz, in origine raramente firmati, o anche a dei W.M.F., a volte accade lo siano oggi con un marchio celebre, quello di Tiffany, per la loro similitudine nei colori e nelle iridescenze.

Altri falsi Tiffany sono stati  fatti negli anni scorsi proprio in Italia, specie le lampade, le cui belle esecuzioni hanno primeggiato con quelle autentiche prima che la falsificazione fosse di dominio pubblico. Così negli Stati Uniti sono state interpretate copie perfette di lampade, con firma e numero di serie, smascherate solo con un attento esame di laboratorio. Ma l'attuale primato nella produzione dei falsi Tiffany, ora non più a livello artigianale di qualche copia, bensì su scala industriale, tocca a Taiwan, da dove i falsi vasi e le false lampade partono per invadere i mercati internazionali. Lucidi e scintillanti, si riconoscono abbastanza facilmente, sono esclusi dalle vendite di case d’asta e dai negozianti esperti del settore; ma penetrano nelle collezioni, comprati da incauti amatori in fiere, mercatini, rigattieri o in certi negozi di antiquari non specializzati nel vetro.

 

A questi pezzi, che riveleranno sempre la loro non autenticità ad un occhio esperto, vanno aggiunti i falsi di Stato provenienti dalla Romania fin dai tempi del dittatore Nicolae Ceausescu che ha dato l'avvio a questa produzione  di falsi Gallé, vasi e lampade che continuano a invadere il mondo, da New York al Cairo da Londra e Melbourne.

Emile Gallé. Flacone, decoro di peonie su fondo martelé, 1895-96, H. cm 13,8

La produzione di questi falsi si fa copiando modelli requisiti nel '45 ai ricchi e diventati proprietà dello Stato. Inizialmente la firma  era Tip Gallé, per poi diventare soltanto Gallé, cognome del celebre vetraio francese. Questi oggetti sono prodotti in Romania a costi molto bassi (cosa impossibile da noi, dove tra l'altro l'uso industriale dell'acido fluoridrico è proibito), poi esportati e venduti anche a cifre rilevanti in certe fiere e mercatini, ma anche da negozi disonesti che a volte li spacciano per Scuola di Nancy. Va detto che chi già possiede vasi autentici oppure ha frequentato il mondo dell'antiquariato, dove si può fare l'occhio con le cose buone d'epoca, sa indubbiamente fare la differenza con questi falsi, e stare lontano dalla truffa, poiché proprio i colori ad esempio già denunciano il falso, poi le incisioni semplici e mai complesse, infine le firme sempre un po' grossolane, sono particolari che devono saltare agli occhi. Inoltre si è osservata la piena ignoranza o ingordigia - che dir si voglia – di questi falsari, poiché in alcuni modelli Gallé, è stata perfino applicata  la firma Daum. Operazione costosa forse, ma che dà la possibilità  al falsario di quadruplicare il prezzo di acquisto e che normalmente rimette in commercio il  pezzo due volte "fasullo" ad una cifra che corrisponde alla metà del valore effettivo di uno autentico.

Nell'ambito del vetro soffiato, probabilmente i più falsificati in tutti i tempi sono i vetri del tedesco Karl Koepping, data la sua tecnica relativamente semplice e il fatto che per di più non tutti i pezzi portano la firma. I suoi deliziosi bicchieri, puramente decorativi, a forma di fiori dal lungo stelo, hanno sempre entusiasmato collezionisti e non, tanto che sul mercato antiquariale se ne incontrano, magari falsi.

Le imitazioni sono quasi perfette, si distinguono solo conoscendo esattamente le forme, le tinte e il peso degli originali a cui non corrispondono perfettamente.

 

Amedee Duc de Caranza. Coppia di gobelet in vetro soffiato, decoro irisé metallisé di frutti e foglie e decoro acquatico con ninfee e sagittarie. 1900 H. 5 cm.

Non poca confusione giunge dalla Francia, dove vi è stata la cessione da parte degli eredi della firma Le Verre Français ad un editore che ora la impiega su pezzi contemporanei di ispirazione Art Nouveau - Art Déco. L'errore è stato che proprio certi mercanti, inizialmente, hanno esposto pezzi di questo genere insieme ad altri dell'epoca; questo fatto rende instabile il mercato, e i collezionisti attualmente acquistano malvolentieri o evitano questa firma. Per rassicurarli possiamo dire che il fenomeno riguarda solo la firma Le Verre Français e che i pezzi, con un minimo di cognizione, sono facilmente individuabili, mentre la doppia firma Le Verre Français Charder per ora non entra nel contesto delle nuove edizioni, come non vi entra la mitica firma Schneider.

 

Spesso si riscontra, consultando libri o cataloghi, che le misure in altezza di un medesimo modello, non sempre sono uguali, ma ci possono essere differenze di millimetri e, a volte, anche di oltre un  centimetro.

La ragione sta in un fattore tecnico: i pezzi dopo la soffiatura, sebbene avvenuta in forma o in stampo, sono stati rettificati alla mola per togliere asperità o imperfezioni nei punti terminali che sono il collo e la base dell'oggetto in vetro (roder in francese); da qui la diminuzione della misura.

Ma un vetro può essere stato molato di recente, e quindi diminuito in altezza per eliminare una o più scheggiature: in questo caso il collezionista avveduto se ne accorgerà, sorretto dalla sua conoscenza ed esperienza acquisita col tempo.

 

Qualche rapido avvertimento sulla pasta di vetro. Molti mercanti e non poche Case d'asta, ancora attualmente, usano proporre e descrivere in catalogo i vetri Art Nouveau come pasta di vetro, termine improprio generico e inesatto, poiché per la maggioranza tali pezzi sono soffiati e formati

a mano libera o a stampo, mentre con il termine pasta di vetro (v. Glossario Pate de verre) si definisce l'oggetto realizzato per fusione con il calore.

Il ristretto elenco dei maestri che si sono consacrati, o dedicati, almeno per breve tempo, a questa originale tecnica si riduce a dodici sugli oltre duecento del periodo e comprende le firme Argy-Rousseau, Brateau, Carder (per poco nella sua lunga carriera), Henri e Jean Cros, Cryso Cerarne,

Dammouse, Daum (o Daum-Walter dal 1904 al 1914), Walter, Décorchemont, Despret, Ryngel d'lllzac e Schneider (pochissimi e rari gli Schneider, eseguiti da Walter nel periodo formativo dei due in collaborazione con Daum).

Legras. Vaso ovoidale schiacciato in vetro triplo imitante le pietre dure. Firma in rilievo a cammeo Legras S.D. (Saint Denis), 1900 H. cm 14,2.

Pertanto Gallé e tutte le altre firme e manifatture non hanno mai prodotto una pasta di vetro.

In fatto di pasta di vetro, vi è stato un falsario francese che di recente è stato condannato per avere immesso sul mercato dei Walter. Se non proprio precisi ai modelli di cui egli faceva il calco, sono abbastanza simili, ma facili da smascherare: i colori sono artefatti e le masse colorate non sono ben distribuite (ad esempio il giallo di un fiore deborda su una foglia verde, o viceversa) e le nuances quasi non esistono.

Al collezionista inesperto si raccomanda dunque prudenza: quando i vasi, le coppe, le lampade, le appliques costano poco vi è certamente qualche motivo per insospettirsi.

Può trattarsi di un falso (se si riporta l'oggetto dal venditore- ammesso che lo si ritrovi -la sua risposta può essere che per quel prezzo non può certamente garantire l'autenticità e al massimo, se tutto va bene, propone un cambio). Ma altre volte può trattarsi di merce di refurtiva, e in tal caso l'acquirente può essere passibile di accusa di incauto acquisto. Infine, il prezzo inadeguato, può rivelare un oggetto di scadente qualità, ma il più delle volte si tratta di un vetro filato e mascherato, o, a causa di una rottura, molato e ridotto di dimensione; se è una lampada, può essere un montaggio di pezzi non pertinenti; se è una pasta di vetro, può aver subito un restauro con la resina. In questo, purtroppo, l'esame sotto una potente lampada, come avviene per l'indagine di un vetro soffiato, non sempre permette di scoprire l'inganno; allora il modo migliore è di tastare con i polpastrelli delle dita il vaso in tutta la sua estensione per avvertire la sensibile differenza che esiste tra il vetro, che è freddo, e l' eventuale parte riparata alla resina, che dà una sensazione di temperatura diversa.

 

Gallé, Fleur de pommier du Japon, 1910 H. cm 9,5

Sempre sull'argomento: i mercanti giapponesi, in Europa per acquisti, non solo si portano lampade tascabili, lenti, contafili, taccuini dai precisi appunti sulle misure e dimensioni dei vetri, ma -per le paste di vetro- molti di loro applicano un severo controllo, non con i polpastrelli, bensì con la lingua; anche se antigienico, a quanto pare è un sistema più affidabile, almeno a sentir loro.

Infine un episodio da me vissuto direttamente: richiestami la consulenza per un vaso di Décorchemont da parte di un medico, non convinto dell'integrità del pezzo da lui acquistato, l'ho consigliato di sottoporlo ad una radiografia che ha evidenziato alcune fratture abilmente mascherate con la resina; egli ha così potuto vincere la causa ed ottenere il rimborso dal venditore che gli aveva ceduto a prezzo pieno un oggetto che poteva valere - in quelle condizioni - si e no un terzo.

 

Nuovi editori, imitatori, falsari hanno un bell'applicarsi ad attuare e apporre firme, non riusciranno mai ad ottenere la magia l'incantesimo dei vetri dei periodi Art Nouveau e Art Déco.

 

Franco Borga - Aprile 2001

 

 

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